La politica come sana passione. La politica per fare qualcosa di concreto per la gente e per il suo territorio. La politica per mettersi in discussione ogni giorno. La politica come percorso di crescita interiore. La politica come motore per muovere la propria vita.
C’è tutto questo in Manfredi Potenti, da qualche mese Senatore della Repubblica Italiana e con alle spalle anche quattro anni e mezzo alla Camera. Fa parte della Lega, il partito che lo ammaliò quando neanche aveva 16 anni. Erano gli anni in cui scoppiò Tangentopoli ed entrare in politica poteva sembrare un salto nel vuoto.
Lo abbiamo incontrato in una delle sue giornate di lavoro al Senato e ci ha accolto nel suo ufficio per una chiacchierata a “spirito aperto”. Di lui ci piace raccontare la sua storia e il suo rapporto con la politica, affinché tanti giovani possano prenderlo come esempio per iniziare un percorso maledettamente difficile ma affascinante. E, premessa fondamentale, è una persona perbene proveniente da una famiglia perbene di sani valori e principi.
Manfredi Potenti è nato a Cecina (Livorno) il 21 luglio del 1976 e per farlo conoscere meglio al nostro pubblico partiamo dagli studi e dalla formazione. “Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico – racconta il Senatore Potenti – mi sono iscritto a Giurisprudenza, dopo un’esperienza transitoria di un periodo presso l’Accademia Navale di Livorno. Mi piaceva tentare questa avventura militare, settore di cui sono appassionato. Ma ahimè non ho avuto quello scatto per affrontare in maniera decisiva quel percorso e così mi sono buttato a Giurisprudenza. Dopo la laurea è seguita la specializzazione, poi un periodo da Vice Procuratore Onorario presso il Tribunale di Pisa, ovvero Pubblico Ministero in udienza. Da lì ho avuto altre esperienze, anche all’estero, sempre nel settore Giustizia, che mi hanno permesso di conseguire vari titoli abilitativi. Mi sono poi perfezionato grazie ad un Master alla Bocconi in Management della Pubblica Amministrazione. Questo patrimonio formativo e culturale è ciò che mi ha consentito di spendermi in politica oltre che nell’attività professionale, dato che esercito la professione di avvocato”.
Senatore, come è avvenuto il suo avvicinamento alla politica?
“Sono il più vecchio militante della Lega in Toscana. Mi iscrissi al partito nel 1992 a 16 anni, quando ancora si chiamava Lega Nord. Mi innamorai del simbolo del guerriero che costituiva il logo, fui come folgorato sulla via di Damasco. In pratica vidi questo adesivo attaccato ad un lampione presso lo stabilimento balneare di Castiglioncello che ero solito frequentare da ragazzo. Seppi poi da amicizie comuni che anche un certo Matteo Salvini frequentava quello stesso stabilimento. Quando dici il destino…”.
Qual è stato il suo percorso in politica?
“Iniziai in una modesta sezione a Rosignano e continuai per tanti anni, senza mai interrompere, a fare attività a livello provinciale. Poi dal 2008 ho assunto l’incarico di responsabile provinciale della Lega. Prima di allora ero stato delegato per la parte della costa. Sono diventato poi commissario provinciale e segretario provinciale per ben due volte. Sempre da giovane, il primo incarico istituzionale è stato quello di consigliere di frazione a 20 anni per due volte. Negli anni Duemila sono stato candidato alla Camera e candidato in altre occasioni elettorali amministrative. Erano anni in cui, purtroppo, la Lega in Toscana aveva percentuali da prefisso telefonico. La svolta cominciò nel 2010, quando ero segretario provinciale a Livorno ed eleggemmo i primi rappresentati sia in Provincia che nel Consiglio Regionale della Toscana. Per arrivare poi al boom del 2019 quando abbiamo inserito per la prima volta gruppi di consiglieri comunali in tutti i Comuni con più di 15 mila abitanti, conquistando una roccaforte della sinistra come Piombino. L’anno prima, nel 2018, ecco arrivare la mia elezione alla Camera nel Collegio Grosseto-Arezzo-Siena-Piombino-Elba, Ma il clou è arrivato con lo scardinamento storico di un collegio blindato per la sinistra, quello di Livorno, grazie al quale lo scorso settembre nell’uninominale sono stato eletto al Senato superando il candidato di peso del PD”.
Poc’anzi ci raccontava del suo primo incarico istituzionale…
“Sì come consigliere di frazione a Castiglioncello, dopo aver ottenuto alle elezioni 135 voti contro i 132 della candidata del Pds (attuale PD ndr)”.
Di cosa si occupava?
“Di piccole cose, dai marciapiedi alla cartellonistica, dal parco pubblico a progetto più grandi come l’apertura della biglietteria della stazione ferroviaria. Si trattava di questioni di paese con le quali ho metabolizzato la mia propensione a stare vicino alla gente”.
“Pensa globale, agisci locale”.
Quanto è importante il modus agendi di un Parlamentare nei confronti dell’impegno per il proprio luogo?
“E’ importantissimo! Perché con i nuovi sistemi di comunicazione, web e internet, si è in un certo senso dissolta quella piramide che era sempre stata la base dell’attività dei partiti, ovvero quando le problematiche locali arrivavano ai vertici attraverso vari filtri. Ecco, tutto questo è stato abbattuto di fronte ai rapporti che è possibile tenere con il proprio territorio attraverso gli strumenti digitali. In questa maniera si è più vicini ai cittadini anche solo per un problema di carattere locale che poi si riverbera sulle competenze nazionali”.
Come è stata, nel 2018, la prima volta che ha messo piede in Parlamento?
“Impattante. Per la prima volta entravo in un mondo che avevo visto solo in televisione. Il primo effetto è quasi destabilizzante, scioccante. Sensazione che ho riprovato qualche mese fa entrando per la prima volta in Senato. E’ un’emozione forte, ti senti un privilegiato e ti senti addosso quella fortuna e responsabilità di rappresentare i tuoi cittadini”.
Come vede oggi il rapporto tra i giovani e la politica?
“Ci sono tanti giovani che sono attenti alla politica ma c’è anche una gran parte che non se ne interessa, forse è colpa nostra o forse è diritto dei giovani svagarsi. Esco da una legislatura nella quale il Parlamento, grazie al gruppo Lega e a quello del M5S, anagraficamente è stato il più giovane della storia della Repubblica. E questo ci fa capire che i giovani credono ancora nella politica”.
Che consiglio darebbe ad un giovane che voglia iniziare a fare attività politica?
“Di avere pazienza e lungimiranza. Quando mi iscrissi la prima volta, la Lega era un partito da ‘zero virgola’ in un territorio tradizionalmente di cultura politica opposta. O ero pazzo o visionario. Forse entrambe le cose. Ecco, non bisogna pretendere i risultati ma in un certo senso prefigurarli, credendoci e insistendo”.
Quanto sente addosso la responsabilità di lavorare per i cittadini in un momento particolarmente difficile come questo?
“Doppia. Rispetto al passato, guardo l’agenda e non so più dove scrivere perché di segnalazioni e di problematiche, legate alla situazione economica, ne riporto tante. Tutte istanze che arrivano dal territorio e dalle associazioni di categoria”.
In che maniera svolge la sua attività politica nei giorni in cui non è al Senato?
“Lavoro sul mio territorio e ciò rappresenta il 50 per cento della mia attività. Mi crea equilibrio e mi rimette sui binari l’ascoltare le problematiche locali”.
Il complimento più bello che ha ricevuto dagli avversari politici?
“Quello di riscontrare in me la diversità di approccio, la capacità di mantenere i rapporti cordiali con tutti, di rispettare l’avversario come persona e di non guardarlo mai come un nemico”.
C’è possibilità di tornare a veder risplendere il nostro Paese?
“Vedo gli strumenti in grado di risollevare il Paese. Altresì da dentro vedo le difficoltà legate all’apparato burocratico che rendono questo procedimento pieno di ostacoli”.
Lei è anche avvocato. A che punto è la Giustizia italiana? C’è ancora margine per un cambiamento?
“Sì, ne sono convinto. Anche se la struttura del mondo giudiziario ha una forte capacità di resistenza e di resilienza. Tende a chiudersi di fronte al cambiamento. Quello che mi sento di dire che dalla parte politica c’è la volontà di costituire modalità non conflittuali per iniziare il cambiamento coinvolgendo tutti gli apparati”.
Ipotizzando un giorno una scelta: Ministro o Sindaco della sua città natale?
“Scelgo di fare il Sindaco della mia città, senza dubbio. Fare il ministro sarebbe più prestigioso e remunerativo ma l’altro ruolo, dedito ai miei cittadini, sarebbe più affascinante. Infine, ci tengo a dire che oggi sono un modesto consigliere della mia sezione comunale di Rosignano, che frequento come un normale militante”.