IED Roma Fashion Show 2024: L’appuntamento annuale con i giovani fashion designer

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“We are the project”: è questo il claim che accompagna il fashion show di fine anno dell’Istituto Europeo di Design, e che porta in passerella le migliori creazioni moda di studentesse e studenti di Fashion Design e Design del Gioiello IED Roma, quest’anno dedicate a celebrare sé stessi, la propria personalità e il proprio percorso creativo. Mercoledì 10 luglio, Le luci del catwalk si sono accese su diciannove progetti di moda, ai piedi dell’acquedotto romano che abbraccia la sede IED: dodici capsule collection, quattro collezioni di accessori e tre di gioiello.

 

Ogni progetto in passerella è un racconto personale: c’è “Abitanti”, collezione di Leonardo Fizialetti che indaga la relazione con la nostra casa e con gli oggetti che custodisce, interrogandosi su quali siano davvero essenziali alla crescita personale. C’è “Douceur”, collezione di Irene Panzini, che con i suoi outfit richiama e celebra la pasticceria di famiglia, per unire alle sue radici la sua passione per la moda. Così, gli sbuffi di una gonna richiamano i riccioli di panna, la giacca da pasticcere diventa un abito da sera, il toque blanche si trasforma in un top. C’è “L’ennui”, progetto di Annamaria Jerinò dedicato alla noia, che secondo la studentessa è l’emozione che più descrive il vivere contemporaneo. Con l’affermarsi del fast fashion, che ha generato la tendenza dell’acquisto compulsivo, si è spesso sommersi dai propri oggetti, così tanto da non sentire più alcun rapporto con loro. “Viviamo dunque nel tempo della noia?”, si domanda Annamaria. Un sentire comune ad Alessandro Pozzolini, che con la sua collezione di accessori “Homo. Deus”, mette in scena un essere umano iperconnesso, alla guida delle più alte tecnologie ma allo stesso tempo governato dalla tristezza. Un lavoro che coniuga l’arte dell’upcycling alla sartorialità, come “Coeur Sensible”, della studentessa Shaven Nuyandoa: un’analisi sul colore rosa che lo porta al di là degli stereotipi.

 

Diversi lavori portano in passerella mondi lontani, nel tempo e nello spazio: gli outfit di “Paradox”, di Simone D’Ostuni, rappresentano forme di vita capaci di sopravvivere alla “fine del mondo”, quelli di Moonlife, creati da Teresa Colonna, sono invece pensati per un viaggio a bordo di una navicella spaziale, in direzione Luna. Infine, Dritto filo, progetto di Maria Bruni, è un focus sulla modellistica che vuole enfatizzare il legame prezioso che si crea tra il filo e la mano, tra l’abito e l’artigiano, un rapporto che attraverso la manualità e il contatto diretto con il tessuto fissa un’identità profonda e indelebile.

 

We are the project è un inno alla libertà di essere sé stessi, di mostrarsi al mondo con il proprio talento e le proprie ambizioni”, ha commentato Paola Pattacini, Head of Fashion School IED Roma. “Oggi i designer presentano progetti fondati sull’alta sartorialità, che è da sempre un tratto distintivo della nostra sede. I lavori portano poi in scena una moda senza genere e senza confini, ma che rappresenta e mette a nudo l’anima di chi l’ha creata.”

 

Quest’anno, il fashion show romano ha posto inoltre l’accento sulla coralità e interdisciplinarità e contato il contributo di tutte le sue scuole: le classi di Design hanno progettato il layout delle passerelle e realizzato i gadget donati agli ospiti durante la serata, la scuola di Arti Visive ha arricchito l’evento con un mash-up di progetti video e un dj set, la scuola di Comunicazione ha ideato la campagna social per lanciare la kermesse. E per la prima volta uno spazio è stato dedicato anche alle creazioni più originali realizzate dai licei romani con cui IED Roma ha sviluppato progetti PCTO.

 

 

WE ARE THE PROJECT: LE COLLEZIONI IN PASSERELLA

 

  1. Dritto filo, collezione di Maria Bruni – Dritto filo, progetto di moda della studentessa Maria Bruni, è un percorso che punta i riflettori su due mondi: la modellistica e la sartoria. Un fil-rouge collega il cartamodello, il manichino, il tessuto, l’ago e il filo con le mani di chi crea in modo sartoriale. Così, emerge e si sviluppa il valore profondo del legame tra l’abito e il designer, un legame che attraverso la manualità e il contatto diretto con il tessuto fissa un’identità profonda e indelebile.

 

  1. Orbiting clubbers, collezione di Teresa Colonna – È il 21 luglio 1969 quando Neil Armstrong compie il primo passo sulla Luna. La studentessa immagina una insolita evoluzione dei viaggi spaziali e propone una collezione indossabile per un party lunare nel 2050 a bordo di una navicella. Lucentezza e tipologia di materiale ricordano le atmosfere lunari, in un mix di richiami al mondo del clubbing.

 

  1. Douceur, collezione di Irene Panzini – Moda e pasticceria: due mondi apparentemente distanti che sembrano non potersi incontrare mai, ma che secondo la designer nascondono numerosi punti in comune. L’arte dolciaria è fatta di ricette, ingredienti, miscele, decorazioni e una buona dose di creatività; la moda nasce dai tessuti, dagli ornamenti, dai bottoni, dalle rifiniture e dalle cuciture, ma soprattutto dall’estro di chi decide di creare e condividere qualcosa di nuovo. Strumenti diversi, per uno stesso obiettivo: inventare ed esprimersi. Vivendo il mestiere del pasticciere da vicino, la studentessa ha provato quindi a unire le sue radici alla sua passione per la moda.

 

  1. Mauvaise fou, collezione di Maria Pia Ruggero – Mauvaise Foi è il racconto della condizione di alienazione e smarrimento che ognuno di noi può in qualche momento della vita ritrovarsi ad affrontare. Secondo la giovane designer, la società costringe ogni individuo a indossare giorno per giorno diverse maschere, portandolo a perdersi in un labirinto mentale pieno di confusione e sentimenti contrastanti. A un certo punto della vita, però, ogni individuo è chiamato ad addentrarsi con lucidità in questo labirinto, affrontandolo e uscendone vincitore.

 

Homo deus, accessori di Alessandro Pozzolini – La collezione di accessori racconta l’evoluzione dell’essere umano e il suo rapporto con le tecnologie, soprattutto con l’intelligenza artificiale, che può aumentare un senso di alienazione e di confinamento. Gli outfit sono quindi l’esposizione di una specie che domina il mondo digitale ma che vive con grande tristezza, e auspica un “nuovo e contemporaneo” ritorno al passato preistorico a contatto con la natura e con la sacralità.

 

Moth3rs, gioielli di Lal Dal Monte – I gioielli di Lal Dal Monte sono l’espressione dell’imprinting che ha assorbito da quelle che definisce le sue “tre madri”: la madre biologica, la madre adottiva, e madre Natura. Tre madri che diventano la linfa per creare il linguaggio e l’identità del designer, un nuovo senso di appartenenza in cui identificarsi e far riconoscere altri come lui.

 

  1. Coeur sensible, collezione di Shaven Nuyandoa – Il racconto di un colore, il rosa, che spesso è associato alla superficialità e che la designer prova a trasportare fuori dagli stereotipi. Il rosa diventa anche metafora per il racconto di una storia personale, che unisce un mondo infantile e dolce a un’oscurità hardcore, con l’obiettivo di trasformare le avversità in un’opportunità di crescita, per raggiungere un benessere fisico e mentale.

 

  1. Antinomia, collezione di Arianna Listanti – Attraverso la simbologia di yin e yang, Antinomia esplora la dualità mente-corpo e riflette la lotta interiore tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere. Ispirato da artisti come Diana Orving e dalla corrente artistica del surrealismo, il lavoro si concentra sull’integrazione di materiali contrastanti: pellami, pellicceria e maglieria si sovrappongono a tessuti leggeri per creare un equilibrio armonioso tra forza e vulnerabilità, manifestando così la complessità dell’essere umano.

 

Il manifesto dell’ipersurrealismo, accessori di Jacopo Fina – Lo studente immagina una nuova corrente artistica, nata dalla crasi fra il surrealismo e l’iperrealismo, per unire al bisogno dell’uomo di rappresentare il sogno, l’inconscio e il surreale, la necessità di una riproduzione mimetica del reale. Cosa può nascere da una loro fusione?

 

 

 

  1. To renaissance, collezione di Elisa Buzzelli – Il privilegio e la ricchezza sono spesso associati alla libertà, poiché offrono accesso a opportunità e risorse. Tuttavia, queste stesse possono generare nuove forme di costrizione, dettate dalla paura di perdere il proprio status. “To Renaissance” racconta il passaggio dall’oppressione alla libertà, una rinascita tutta al femminile che rende le donne finalmente libere, non più rappresentanti di uno status sociale ma bensì alla ricerca della bellezza pura.

 

R-take, gioielli di Raul Di Tomo – “Non essere nessuno è la miglior via per diventare qualcuno”, dice Raul Di Tomo per descrivere la sua collezione di gioielli. Con R-Take il designer vuole esprimere il senso di riscatto nei confronti di esperienze difficili, di alcuni ostacoli che hanno il potere di trasformare le persone, indirizzandole verso il proprio talento. Perché non è necessario nascere nelle giuste condizioni per diventare qualcuno, ma piuttosto lavorare su sé stessi per trovare il proprio cammino.

 

  1. Paradox, collezione di Simone D’Ostuni – Una collezione moda che esplora un’ipotetica nuova forma di vita in grado di sopravvivere a ogni tipo di ambiente e clima. Cosa accadrebbe in un eventuale tempo ciclico in cui ogni cosa è destinata a sparire per ricrearsi? Gli outfit realizzati dallo studente Simone D’Ostuni mirano a rappresentare inedite creature in contesti e ambientazioni diverse, raccontandone le loro vite fino all’estinzione.

 

Out of the Blu, gioielli di Giulia Dissabo – Una collezione che utilizza argento con cataforesi e pietre naturali per indagare le accezioni positive richiamate dal colore blu, che per antonomasia è definito come il colore della calma, dell’infinito e della profondità. Un colore che la studentessa contrappone al colore giallo, colore della gioia ma, spesso, associato anche a emozioni come l’ansia e la follia.

 

  1. L’ennui, collezione di Annamaria Jerinò – Una collezione di Haute Couture in cui tutti gli outfit sono stati immaginati facendo riferimento all’estetica retrò degli anni ’20. I volumi e le texture utilizzate si concentrano sulla rappresentazione della noia: l’intero progetto ruota attorno al racconto e alla descrizione del soggetto annoiato, che secondo la studentessa descrive pienamente il vivere contemporaneo. Con l’affermarsi del fast fashion, che ha generato la tendenza dell’acquisto compulsivo, si è spesso sommersi dai propri oggetti, così tanto da non sentire più alcun rapporto con loro. Viviamo dunque nel tempo della noia?

 

La mia wunderkammer, accessori di Maria Ludovica Cardinali – L’idea della collezione nasce in una soffitta ritrovata per caso dalla giovane designer, al cui interno trova oggetti del passato che le trasmettono un vero e proprio imprinting. È a partire da quegli oggetti che nasce ispirazione e volontà di generare qualcosa di nuovo, in un luogo che da soffitta diventa una moderna camera delle meraviglie.

 

  1. SèNTI-MI, collezione di Stefania Cerciello – Una collezione uomo/donna A/I che celebra la bellezza autentica e selvaggia dell’Isola d’Ischia, terra d’origine della studentessa. Ogni capo proposto è concepito per raccontare l’essenza di quella terra e rappresenta la potenza dell’elemento terreno con tessuti naturali come il lino bollito, la canapa e il cotone grezzo, così come le sue tonalità terrose. La texture dei capi si pone invece come una metafora del rapporto crudo e ruvido che si ha con la materia, e le lavorazioni vogliono infine aggiungere un tocco di autenticità a ogni capo: tagli, strappi, rotture, rimandano al concetto di tempo legato al cambiamento, alla fragilità del territorio.

 

Survived, accessori di Aurora Galluccio – La collezione esplicita la complessa e dolorosa realtà della violenza sulle donne, proponendo un manifesto femminista che racconta i segni della violenza: la cicatrice, il telo, la gabbia, e, infine, il filo rosso che unisce tutte le donne e rinomina come sorelle sia vittime che sopravvissute. Il progetto nasce con l’obiettivo di contribuire a un cambiamento culturale e normativo che promuova il rispetto e la sicurezza per tutte le donne.

 

  1. Falling apart, collezione di Francesca D’Angelo – “Cadere a pezzi”. Una collezione nata per porre l’accento sulle parti più decadenti dell’essere umano, che diventano in realtà una preziosa occasione per mostrare fragilità e, di conseguenza, umanità. Il design degli outfit gioca sulla dualità tra la ricerca di una bellezza perfetta e la confusione generata dalla mancanza di un’identità personale. Questo contrasto viene espresso da forme vaporose e leggere contrapposte alle linee nette e pulite proprie della sartoria maschile e dello stile dandy. L’uso di tessuti pregiati viene contrapposto a elementi che simboleggiano un deterioramento.

 

  1. Abitanti, collezione di Leonardo Fizialetti – “Abitanti” nasce dalla volontà di indagare sul rapporto che si sviluppa tra noi, la nostra casa e gli oggetti che si trovano al suo interno. Il progetto racconta le storie degli abitanti di una dimora immaginaria e il viaggio che questi compiranno per uscirne, portando con sé solo ciò che è necessario alla loro crescita interiore, e lasciandosi dietro i ricordi che lì tenevano prigionieri all’interno di quella abitazione.

 

 

IED FASHION SHOWS 2024

 Sono più di 800 i diplomandi della Scuola di Moda del Gruppo IED prossimi alla discussione dei progetti di tesi e protagonisti con le loro collezioni dei Fashion Show in programma nei mesi di giugno e luglio. Installazioni, performance e sfilate diventano un palcoscenico pronto a raccontare al pubblico le contaminazionile interpretazioni e il linguaggio dei designer di domani. Il calendario di eventi si è aperto il 10 giugno nell’iconica sala da ballo La Paloma con la 20a edizione della sfilata Fashioners of the World di IED Barcellona e la consegna per la prima volta del premio IEDxCommons Impact Award. L’installazione Identity – con la curatela dell’artista multidisciplinare Michel Comte – ha presentato a Firenze tutto il Gruppo IED in occasione di Pitti Uomo. Il 26 giugno IED Madrid ha celebrato i 30 anni della sede nell’ex carpenteria Jorge Juan, con il Fashion Show ispirato al concept celebrate the future. Il 26 e 27 giugno la sede di Milano ha portato il suo evento graduate – IED Avant Défilé – a Palazzo Giureconsulti, condividendo con la città la visione dei suoi migliori diplomandi, con 10 collezioni che formano un racconto al contempo personale e collettivo. Il 10 luglio il giardino della sede IED Roma ha ospitato la sfilata di fine anno We are the project con il contributo anche delle Scuole di Design, Arti Visive e Comunicazione, mentre IED Cagliari chiude il calendario l’11 luglio con la sfilata negli spazi di Villa Satta in occasione dell’Open Day.

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