di Marialuisa Roscino –
L’intelligenza si eredita dai genitori. A quanto pare i bimbi da questo punto di vista devono ringraziare soprattutto la mamma. Secondo recenti ricerche, la madre è il genitore maggiormente coinvolto nella trasmissione dei geni coinvolti nell’intelligenza.
“L’intelligenza nelle sue diverse forme è molto legata all’affettività dei genitori e anche degli educatori, non è solo una questione genetica”, spiega la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini.
Il 43% dei ragazzi italiani fra gli 11 e i 30 anni dice di avere un rapporto “ottimo” con la madre e sostiene che renderla orgogliosa sia un obiettivo “fondamentale” della propria vita. Per il 36% il rapporto con la madre è buono, solo il 5% lo definisce “pessimo”. Se si guarda ai maschi, la quota di chi lo dichiara “ottimo” sale fino al 51% e per il 53% di loro rappresenta anche un modello di femminilità. Fra le figlie, il 17% identifica nella mamma un modello da seguire in tutto e per tutto nella costruzione della propria vita. Mentre il 62% la prenderebbe come esempio, almeno per una buona parte di ciò che ha realizzato. Per circa un terzo degli intervistati negli ultimi tre anni, che con la pandemia hanno visto una crescita del tempo passato insieme, il rapporto con la mamma è migliorato. Non mancano comunque, le discussioni madre-figlio, frequenti per il 60% degli intervistati: tra le cause principali di conflitto c’è la scuola o in generale l’impegno nei propri “doveri” (27%), ma anche la buona educazione e i giusti comportamenti da tenere.
“Riguardo le capacità cognitive, uno dei parametri utilizzati per misurare l’intelligenza”, aggiunge Adelia Lucattini, “è importante sapere che le malattie fisiche o prolungate che colpiscono i bambini, sono causa di depressione che può perdurare fino all’ adolescenza. La depressione riduce attenzione e concentrazione, per cui i bambini si distraggono più facilmente. Inoltre, interferisce con il pensiero e la capacità di comprendere le cose. È quindi per questo motivo, che i bambini depressi possono sembrare meno intelligenti”.
Secondo una ricerca britannica condotta qualche anno fa dall’University College of London sui risultati di 25 studi sulle differenze tra il quoziente intellettivo maschile e quello femminile, è emerso un concetto già noto: arroganza e aggressività contraddistinguono maggiormente l’uomo, umiltà e adattabilità sono più frequenti nella donna, dimostrando che la differenza intellettuale tra i due sessi è soprattutto una questione mentale, di educazione e di atteggiamento sociale.
“L’intelligenza è un fenomeno complesso”, prosegue Adelia Lucattini, “in cui sono implicati aspetti sia coscienti che inconsci. Le donne, emergono non solo per razionalità, ma anche per l’intelligenza emotiva, la capacità di espressione affettiva e ricchezza linguistica. In generale, le donne utilizzano un vocabolario più ampio rispetto agli uomini, usano costruzioni linguistiche più complesse e leggono con maggiore attenzione. Gli uomini e le donne hanno mediamente lo stesso quoziente intellettivo, solo che le donne sono più introspettive e attente ai particolari, gli uomini invece più pragmatici e operativi. Le possibilità di carriera e affermazione non dipendono quindi dall’intelligenza, ma esclusivamente dalla disparità di genere”.