Presentato a Torino il decalogo sulla nutrizione artificiale

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Sette i punti emersi dal tavolo di confronto tra associazioni di pazienti, istituzioni e politica regionale, su cui lavorare per assicurare il miglior percorso di diagnosi e cura dei pazienti che necessitano di nutrizione artificiale

Tariffazione LEA, assistenza domiciliare, prevenzione e diagnosi, trattamenti personalizzati e la figura del dietista: le richieste principali dei pazienti

 

La Carta dei Diritti in Nutrizione Artificiale rappresenta la mappatura dei bisogni dei pazienti in Italia. Per quanto riguarda il Piemonte, in parte vi sono già risposte nelle normative e nei PDTA. Il Piemonte è regione virtuosa sulla nutrizione artificiale – prima ed unica in Italia ad aver riconosciuto l’insufficienza intestinale come malattia rara e ad aver predisposto reti e centri adeguati alle esigenze di questi pazienti – però, ci sono alcuni punti su cui ancora bisogna lavorare, che si possono riassumere in un decalogo sulla nutrizione artificiale, che è stato presentato nel corso dell’evento “La carta dei diritti dei pazienti in nutrizione artificiale. Quando la nutrizione è la medicina”, organizzato da Motore Sanità e da A.N.N.A. – Associazione Nazionale Nutriti Artificialmente, con il patrocinio di AOU Città della Salute e della Scienza di Torino e ASL Città di Torino, con il contributo incondizionato di Sapio Life, Nestlè Health Science e Io Sano Nutrire con cura.

 

  1. Predisporre una tariffazione LEA

La nutrizione artificiale non è ancora totalmente presente nei LEA, e questo rappresenta un grosso problema. Sono poche le forniture riconosciute come livello essenziale di assistenza e tutto il resto passa per singole gare d’appalto, il che comporta che laddove non siano previste al paziente o risultino parziali non viene assicurato alcun presidio. Su questo, tra l’altro, l’art. 22 dei LEA relativo alle “cure domiciliari” nonostante prevedache oltre alla assistenza sanitaria di tipo medico, infermieristico tipiche dell’ADI, ai pazienti che presentano un elevato livlelo di complessità, stabilità clinica e sintomi di difficile controllo vengano assicurati accertamenti diagnostici, fornitura di farmaci e dispositivi medici e soprattutto preparati per nutrizione artificiale, questo di fatto non accade in nessuna regione d’Italia.

Oggi, anche se ancora a macchia di leopardo, si sta assistendo ad un graduale potenziamento del servizio di assistenza sanitaria ma che tuttavia non include in alcun modo la fornitura a casa di prodotti per la nutrizione artificiale, ancora rilegati alle singole procedure di gara.

 

  1. Consentire una adeguata assistenza domiciliare

È imprescindibile assicurare ai pazienti una valida assistenza domiciliare in maniera tale da diminuire il più possibile il continuo spostamento del paziente dall’ospedale verso il territorio. Risulta dunque necessario costruire un servizio di nutrizione domiciliare idoneo alla personalizzazione delle cure in termini di servizio, assicurando il monitoraggio e il follow-up della terapia, la fornitura dei prodotti e del materiale necessario, l’assistenza infermieristica (attraverso personale debitamente formato e specializzato soprattutto su specifiche terapie e target di pazienti). Il paziente, dunque, deve essere seguito con un percorso di follow-up strutturato, che coinvolga in modo coordinato gli attori del percorso clinico (centro di riferimento, la farmacia servizio nutrizionale domiciliare per opera di provider esperti compresa l’ADI). Si ritiene, infine, che un programma di follow-up efficace ed efficiente dovrebbe superare anche l’attuale vincolo dei rinnovi delle prescrizioni così ravvicinati (a 30 giorni) che causa continue sospensioni del sistema di fornitura, generando ritardi e disservizi per i pazienti e tutti gli attori del sistema.

Quello sulle procedure ad evidenza pubblica, poi, apre una riflessione sulle gare di appalto: come vengono fatte? Perché viene data importanza soltanto alla fornitura, al costo del pz anziché al servizio completo del pz. I pz vanno da una parte all’altra a cercare i presidi e la famosa pompa che non viene messa a disposizione, con differenze profonde tra i vari distretti.

 

  1. Eliminare le differenze di trattamento e di diritto tra i pazienti

Pazienti affetti da insufficienza intestinale cronica benigna e quelli che afferiscono alla nutrizione parenterale sia di breve che di lungo periodo per altre patologie (es. oncologici) vengono trattati diversamente.

Per quanto riguarda gli oncologici, in Piemonte il tipo di assistenza che viene data in campo nutrizionale è molto differente allo standard garantito a chi ha una insufficienza cronica renale benigna. Questo perché probabilmente i protocolli sono stati costruiti considerando in questo ambito la nutrizione artificiale solo come supporto di fine vita. il problema esiste non solo per i pazienti terminali ma anche per quelli che devono affrontare terapie o interventi pesanti.

Per quanto concerne il paziente oncologico, è fondamentale che la dignità di questo trattamento valga per ogni fase della vita, in particolare per quanto riguarda la trasportabilità: il fatto che ad un pz oncologico non venga garantito l’utilizzo della pompa trasportabile e non venga garantita l’assistenza con un service è una grave lacuna. Anche se per alcuni si tratta di un trattamento a fine vita, questo impatta sulla sua qualità. (Es°: Testimonianza del figlio di una paziente umbra dalla quale si può comprendere come quella pompa abbia permesso alla madre – negli ultimi 60 giorni della sua vita – di poter uscire con i figli, migliorando la propria qualità di vita). Tema che anche la Regione Piemonte deve affrontare.

 

  1. Prevenzione e diagnosi

I pazienti in nutrizione artificiale hanno diritto ad una diagnosi corretta, chiara e soprattutto tempestiva. Questo presuppone anche la necessità che vengano previsti specifici percorsi di prevenzione clinica, così come prevedere un’attenta valutazione nutrizionale del paziente in determinati condizioni o sintomatologia.

In Piemonte la rete è efficiente (il Dottor Andrea Pezzana è il responsabile della Rete dietologica), però bisogna vedere se il bisogno viene intercettato quando il paziente è già cachettico oppure prima, quando cioè si potrebbe prevenire. Nonostante il lavoro prezioso portato avanti dal Dottor Pezzana, purtroppo non c’è nessun tipo di attività di presa in carico dal punto di vista dietistico. Basterebbe stabilire, nei protocolli dei pazienti a rischio (pre/post chirurgico, pazienti cronici), la figura della dietista, che svolge questa attività di tipo preventivo in maniera tale da segnalare il rischio malnutrizione e quindi ad una presa in carico dei servizi.

 

        5. Dimissioni protette per i pazienti in nutrizione artificiale: bisogna accompagnare la fase di dimissione ospedaliera a quella di reingresso al domicilio, sia ai fini del monitoraggio delle condizioni cliniche che per la delicata fase di formazione sanitaria al paziente e ai caregiver. È necessario dunque prevedere o strutture intermedie per ricoveri brevi (ad esempio gli ospedali di comunità) o programmi appositi nell’ambito del setting domiciliare con un potenziamento dell’assistenza domiciliare e con l’implementazione della telemedicina per il monitoraggio del pz da remoto.

 

        6. “Molinette” come centro di riferimento a livello nazionale: L’ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino sta diventando, per l’insufficienza intestinale cronica benigna, un centro di riferimento a livello nazionale. Questo è un elemento da tenere in forte considerazione e richiede investimenti in termini strutturali ed organizzativi tali da permettere una appropriata evoluzione del modello.

 

        7. Dietista: dà l’indicazione e dovrebbe seguire il paziente a domicilio. In questo senso sarebbe opportuno garantire una copertura sufficiente a livello territoriale.

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