Salute sessuale: I maschi ancora “discriminati” per colpa di tabù e pregiudizi

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La soppressione della visita di leva, che veniva effettuata verso il 17-18° anno di età del giovane adolescente, ha portato ad incrementare il gap tra i due sessi.

Gli esperti: “Chi è contro l’educazione sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado, lavora consciamente o inconsciamente per la pornografia in rete; chi è contro l’educazione sentimentale che cambi il passo alla mentalità patriarcale, centrata sul maschio e sul suo potere rispetto alle donne e alle differenze di genere, è a favore dei violentatori e degli abusatori; chi non favorisce l’insegnamento della sessualità nelle facoltà di medicina e di psicologia, è totalmente disinteressato a qualsiasi livello di miglioramento del sapere medico.

L’approccio epidemiologico e clinico delle malattie dell’apparato sessuale e della riproduzione è nettamente differente tra i due sessi e l’evento “LA MEDICINA AL MASCHILE TRA FERTILITÀ E MALATTIE SESSUALI”, promosso da Motore Sanità, intende fare luce su questo aspetto.

 

IL CONFRONTO CON I COETANEI SPESSO È CONTROPRODUCENTE

Nel sesso femminile – commenta Luigi Godi, M3 Research Consulting – la ragazza, con la comparsa del menarca, usualmente accompagnata dalla mamma, frequenta un professionista della sanità (ginecologo) e inizia un percorso di conoscenza del proprio apparato sessuale e di prevenzione delle malattie sessuali. L’adolescente di sesso maschile, invece, è un po’ abbandonato a sé stesso ad affrontare l’argomento: questo è infatti ancora tabù ad essere affrontato con un genitore, il rapporto con gli altri adolescenti può essere di scherno e non collaborativo e lo scambio di informazioni e di esperienze addirittura negative. La soppressione della visita di leva, che veniva effettuata verso il 17-18° anno di età del giovane adolescente, ha portato ad incrementare questo gap, poiché non c’è più un momento clinico preventivo per il proprio apparato sessuale, se non in casi sporadici. Ecco, la tavola rotonda vuole proprio identificare per gli adolescenti di sesso maschile la disponibilità di un Professionista o di un Team di Professionisti e di una struttura sanitaria (forse il Consultorio Famigliare, che attualmente vede il 98% delle proprie presenze dedicate ad individui di sesso femminile), che si renda disponibile per intraprendere un percorso di conoscenza dell’apparato sessuale e di prevenzione delle malattie sessuali per l’adolescente maschio e anche di educazione sessuale”.

OLTRE UN TERZO DELLE INFERTILITÀ DI COPPIA DIPENDONO DA LUI

Il maschio è responsabile di oltre un terzo delle infertilità di coppia che arrivano alla nostra attenzione”, commenta Andrea Isidori, Presidente Società Italiana Andrologia e Medicina della Sessualità (SIAMS). “La maggior parte delle problematiche maschili originano durante la fase di sviluppo puberale, intorno ai 12-14 anni. Significa che, quando una coppia giunge alla nostra attenzione perché non riesce a concepire, in genere dopo i 30-35 anni, in realtà scopriamo queste problematiche con un ritardo di oltre 10 anni.  Purtroppo questo è un retaggio culturale di cui soffre il nostro Paese, e in generale la cultura occidentale, che non investe sugli interventi di prevenzione per garantire il normale sviluppo psicofisico, andrologico e riproduttivo del maschio.  Non li fa perché il pediatra spesso non ha il tempo o la preparazione specifica per fare il check-up andrologico, oppure perché i ragazzi perdono il contatta con il pediatra proprio quando iniziano lo sviluppo puberale e durante l’adolescenza. La donna è più preparata e consapevole sull’importanza di effettuare i controlli di prevenzione, anche perché la figura del ginecologo è più diffusa sul territorio. Il nostro sistema educativo non spinge i ragazzi a fare i controlli, né a fare prevenzione su queste tematiche.  Un esempio viene dal tumore del testicolo, che è il tumore più frequente nel maschio tra i 20 e i 40 anni e ha un’incidenza di nuovi casi pari a 10 su 100mila abitanti per anno, un’incidenza che è solo la metà del tumore al seno. Pensiamo però quanto di più parliamo di tumore al seno e quanto meno di tumore al testicolo. Ma non è solo una questione di patologia tumorale. Pensiamo al varicocele e alle infezioni a trasmissione sessuale. Il punto è che c’è un’unica soluzione in grado di risolvere questo gap culturale e socio-sanitario. I fronti sono quelli delle Campagne di sensibilizzazione che, anche grazie al Centro di Controllo delle Malattie del Ministero stiamo facendo, in particolare la campagna Amicoandrologo che si rivolge agli studenti nelle scuole, oppure all’Amicoandrologo Campus che si rivolge agli studenti che frequentano gli Atenei. Quindi la sensibilizzazione, e l’educazione nelle scuole e poi ovviamente le attività sanitarie di primo livello. Dal punto di vista dell’offerta pubblica la Regione Lazio ha da poco licenziato un PDTA, un percorso diagnostico-terapeutico assistenziale per la gestione delle patologie del testicolo e quindi speriamo, in questo modo, di riuscire ad accelerare quel percorso che a volte è lento, anche per la difficoltà di reperire gli specialisti nell’ambito dell’offerta del Sistema Sanitario Nazionale. Attraverso quest’organizzazione in Hub e Spoke dovremmo riuscire a fornire un percorso più rapido, pur riuscendo a garantire l’alta specializzazione per chi ha patologie andrologiche, quindi miriamo a ridurre quel 30% delle coppie che hanno difficoltà a concepire. Occorre però lavorare su più livelli simultaneamente: sensibilizzazione, informazione, educazione e prevenzione secondaria delle complicanze, attraverso un sistema sanitario più efficiente. Ma tutto questo deve essere inserito in un cambio culturale: dobbiamo riportare la salute riproduttiva e sessuale come centrale, come un bene della comunità. Considerando il grave tasso di denatalità nel nostro Paese, se non riportiamo all’attenzione i valori insiti in un corretto e sano sviluppo, di educazione alla riproduzione e alla sessualità, rischiamo di diventare una società non più sostenibile dal punto di vista demografico”.

SCUOLA, EDUCAZIONE, LOTTA AL PATRIARCATO

Anche Emmanuele Jannini, Presidente Accademia Italiana della Salute della Coppia (AISC), ha posto l’accento sul bisogno di una corretta informazione. “Distinguerei tra i vari livelli – ha premesso Jannini – cominciando da quello scolastico. L’educazione sessuale è un tema largamente dibattuto nel corso degli ultimi 60 anni, dove appare evidente che chi è contro l’educazione sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado lavora consciamente o inconsciamente per YouPorn e la pornografia in rete. Senza se e senza ma. Chi è contro l’educazione sentimentale che cambi il passo alla mentalità patriarcale, centrata sul maschio e sul suo potere rispetto alle donne e alle differenze di genere, è a favore dei violentatori e degli abusatori. Senza se e senza ma. Chi non favorisce l’insegnamento della sessualità nelle facoltà di medicina e di psicologia, è totalmente disinteressato a qualsiasi livello di miglioramento del sapere medico. Vale a dire che se non si insegna agli studenti di medicina come si fanno i bambini, è del tutto evidente che riferirsi al medico come un punto di riferimento per la salute sessuale è una cialtroneria totalmente destituita di qualsiasi forma di interesse. Se c’è interesse al miglioramento della salute sessuale e riproduttiva della gente, quindi, deve essere resa ovviamente obbligatoria, la medicina della sessualità, come la cardiologia, la neuorologia, la medicina legale o l’anatomia, nelle scuole di medicina di tutta l’Italia. Chi è contrario, per qualsiasi motivo, deve tacere perché evidentemente non è interessato a nessun livello di salute sessuale e riproduttiva. Sono questi, diciamo, i concetti fondamentali: scuola, educazione sessuale, lotta al patriarcato in ogni forma e formazione specifica del medico prima di tutto, ma anche dello psicologo, a livello universitario”.

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