Salute a forte rischio a causa della depressione, la psicoanalista Adelia Lucattini: “Le persone tendono a rinviare i controlli”

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di Marialuisa Roscino –

La depressione aumenta la probabilità di sviluppare malattie fisiche, dalle disfunzioni del sistema immunitario alle patologie cardiovascolari, oltre ad essere un fattore di rischio rilevante per disturbi alimentari, autolesionismo, abuso di alcool e altre sostanze stupefacenti, in particolare negli adolescenti. Lo ricorda la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, membro Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana. “Numerosi studi hanno dimostrato che i disturbi dell’umore, la depressione e l’ansia possono influenzare negativamente il decorso delle malattie fisiche croniche, aumentando la morbilità e il rischio di mortalità a causa di diabete, malattie polmonari, dolore, disturbi somatoformi, malattie cardiache e cancro. Questa correlazione è legata sia agli stili di vita, che a cause biologiche. I pazienti con disturbi depressivi e d’ansia psicogena spesso fanno scelte di vita non salutari, oltre all’insonnia e all’inversione del ritmo sonno-veglia, hanno una scarsa aderenza alle cure mediche e un evitamento rispetto ai controlli e agli screening di prevenzione. Tra i fattori biologici di rilievo ci sono l’aumento della risposta infiammatoria, i disordini immunitari e l’alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Quest’ultimo è il principale modulatore ormonale della risposta allo stress, attraverso aldosterone, cortisone, cortisolo e gli ormoni sessuali, androgeni, estrogeni e progesterone”.

La depressione è una malattia insidiosa perché inizialmente si manifesta con sintomi generici che possono essere scambiati per disturbi fisici (stanchezza, inappetenza, affaticabilità) attribuiti a fattori esterni, ad es. stress da lavoro e studio accompagnati da disturbi del sonno, preoccupazioni e insoddisfazione. “Quando queste condizioni perdurano da almeno due settimane non bisogna sottovalutarle”, prosegue Adelia Lucattini, “ci si deve rivolgere a uno specialista ed è anche opportuno evitare autodiagnosi basate su informazioni reperite sui social o sul web. Secondo i recenti dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), i sintomi depressivi arrivano all’8% fra le donne, all’11% tra le persone che hanno un basso livello di istruzione, al 17% tra chi riporta difficoltà economiche e al 9% tra chi vive una condizione precaria in ambito lavorativo. Tra le persone affette da patologia cronica la stima raggiunge il 12%. Tra gli anziani la stima è del 9%, ma arriva al 30% tra quelli con difficoltà economiche. Il 7% della popolazione oltre i 14 anni (3,7 milioni di persone) ha sofferto nell’anno di disturbi ansioso-depressivi, il 6% tra i 35-64 anni. Ciò nonostante, due persone su tre non chiedono e quindi non ricevono trattamenti. Inoltre, i dati riportano che tra coloro che sono in cura, prevalgono persone con situazione socioeconomica medio-alta poiché hanno maggior accesso alle informazioni su salute e malattia, sulla prevenzione e maggior facilità a richiedere una visita. Le fasce più deboli della popolazione sono divenute più a rischio, soprattutto dopo la pandemia”.

Ma qual è il rapporto tra depressione, stress e malattie cardiovascolari? È noto che lo stress causa aritmie e tachicardia, a cui si va a sommare l’ansia causata dalle manifestazioni del disturbo fisico stesso. I disturbi cardiaci mettono molto in allarme, anche inconsciamente, poiché il cuore è un organo fortemente investito di significati simbolici ed è considerato il custode dei sentimenti. Attraverso il suo ritmo regolare, il cuore fa sentire sani, infonde la certezza dell’essere in vita. Ogni disturbo cardiaco causa preoccupazione, ma questo non significa che spinga a fare i controlli. Infatti, per un meccanismo di rimozione e talvolta di negazione, il non fare i controlli equivale, erroneamente, alla convinzione di non avere nulla che non vada. Parafrasando “Occhio non vede, cuore non duole”: dunque, finché non lo so, non ho nulla di grave. Questo tipo di dinamica inconscia, espone a rischi talvolta molto seri, poiché induce a non fare la prevenzione e i necessari controlli, inoltre porta a non assumere le terapie prescritte dagli specialisti. È noto che i disturbi bipolari e la depressione protratta, portano sovente ad un alterato stile di vita come fumo, abuso di alcool, inattività fisica, eccesso di cibo e sregolatezza nelle abitudini in generale, che possono danneggiare le arterie, causare ipertensione, diabete e altre malattie metaboliche.

L’inibizione e l’evitamento possono avere conseguenze importanti sulla vita di ognuno, lo stesso vale per le malattie cardiovascolari. Quando la familiarità e la predisposizione individuale hanno un ruolo nella loro insorgenza, non tenerne conto è attribuibile più spesso a disturbi emotivi che a vera e propria ignoranza. Secondo il report dell’ISS, le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte in Italia e sono responsabili del 44% di tutti i decessi. In particolare, la cardiopatia ischemica (infarto) è la prima causa di morte, a fronte del 28% di tutte le morti. Inoltre, bisogna prestare molta attenzione nell’attribuire i disturbi cardiaci esclusivamente all’ansia. Perché qualunque malattia fisica possa essere diagnosticata come di esclusiva origine mentale, è necessario escludere qualunque componente organica e questo può essere fatto sottoponendosi a tutti gli accertamenti che gli specialisti ritengano necessari, dalle analisi del sangue all’elettro ed ecocardiogramma, alla TAC, all’RMN, etc.

“Pur riconoscendo il potere della mente, è assolutamente da evitare che ansia e depressione diventino il “rifugium peccatorum” di tutti i disturbi somatici senza una causa apparente o che ancora non sia stata individuata, compresi quelli a carico del cuore. In assenza di accertamenti e controlli, non bisogna mai attribuire di primo acchito le problematiche cardiache solo a disturbi psicologici. Certamente, i disturbi e le malattie cardiache non sono di facile gestione, per questo una consulenza psicoanalitica può essere utile anche in fase diagnostica, certamente può essere di supporto al momento della diagnosi, e in seguito di grande aiuto nel controllare l’ansia reattiva. L’analisi aiuta nell’aderire con costanza e precisione alle cure prescritte, a mantenere il giusto equilibrio interiore e conservare una buona qualità della vita”.

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