di Marialuisa Roscino –
Aumenta l’intelligenza, fa bene al sistema immunitario, migliora le capacità di linguaggio anche in chi ha avuto lesioni cerebrali, non c’è quasi limite alle possibilità terapeutiche della musica, e grazie a recenti studi si è appreso che la risonanza psichica alla musica di manifesta fin dai primi giorni di vita.
“La musica influenza positivamente lo sviluppo emotivo e accresce l’intelligenza”, afferma la psicoanalista Adelia Lucattini componente della Società Psicanalitica Italiana, “Il cervello del neonato ha la capacità innata di sentire i suoni già nel grembo materno, e dalle prime ore di vita è già in grado di elaborare sonorità, d’identificare dissonanze distinguere i cambiamenti di tono e riconoscere la musica. L’infant research psicoanalitica e le neuroscienze hanno messo in luce la funzione essenziale del ritmo e della musicalità già nei primissimi scambi fra il neonato e le figure di accudimento ovvero le persone che si prendono cura di lui, i genitori e i caregiver). Gli stimoli musicali possono dar luogo a trasformazioni epigenetiche permanenti, poiché la psiche ha un potere trasformativo anche su alcune parti del DNA. Il neonato è capace d’interpretare sequenze strutturate di suoni e note musicali, soprattutto hanno un ritmo simile a quelli del corpo materno (cuore, respiro, peristalsi, movimenti)”.
In occasione della Settimana della Scienza sono oggetto di discussione gli effetti benefici della musica sul cervello degli adulti, che sono molteplici: non solo a livello emotivo ed esperienziale, ma anche riabilitativo ad esempio, come evidenziano le ricerche condotte su pazienti che hanno avuto un danno celebrale traumatico o un ictus, dell’emisfero di sinistra specializzato nelle funzioni del linguaggio. “Ma non sono solo i pazienti con disturbi neurologici a beneficiare delle proprietà delle note musicali”, prosegue Adelia Lucattini, “è noto che la musica, il canto, suonare uno strumento, sono un complemento utile negli adolescenti depressi che già abbiano intrapreso un trattamento psicoanalitico. Inoltre, secondo recenti ricerche statunitensi condotte sugli studenti delle scuole superiori, suonare uno strumento amplia la capacità di percepire le sfumature linguistiche e di cogliere i suoni “utili” anche nel frastuono di un ambiente rumoroso, come talvolta accade, ad esempio, in classe. Le persone che hanno una formazione musicale hanno più successo a livello scolastico e accademico, poiché sviluppano maggiori le capacità mentali, sono più intuitive, emotive stabili e in grado di attingere alle proprie qualità psichiche e interiori. La musica non solo favorisce lo sviluppo psicologico e può essere utilizzata a scopo terapeutico, inoltre, se praticata fin dall’infanzia, è anche una vera e propria prevenzione dei disturbi dell’umore ed emotivi. La pratica musicale unita all’ascolto, può aiutare gli studenti a memorizzare più facilmente i contenuti, poiché rafforza e organizza il ritmo interno, agendo anche sull’ inconscio. Fin dall’antica Grecia, la tradizione orale dei grandi poemi epici, era sempre accompagnata dalla musica, basti pensare all’Iliade e l’Odissea omerici. Non è da sottovalutare il valore rivitalizzante della musica, che appaga, vivacizza, rallegra e fa sognare. Bisogna imparare dai giovani che hanno sempre una canzone o una musica, scelta tra tante, che scandisce i vari momenti delle loro giornate, che li accompagna e lascia un segno per loro della loro esistenza”.
La musica ha un effetto estremamente positivo sulla mente. È dimostrato da numerosi studi, che ascoltare musica classica o jazz migliora le capacità matematiche, l’apprendimento delle lingue e la creatività nella scrittura. Nel caso dei bambini, è noto che prendere lezioni di musica, può migliorare le qualità intellettive, l’empatia e le capacità relazionali, grazie anche alla presenza del maestro e la partecipazione dei genitori alle attività dei loro figli. Infine, la musica può diventare uno strumento utile anche nella lotta contro la malattia di Alzheimer. “La stimolazione musicale”, conclude Adelia Lucattini, “in particolare le melodie significative per il paziente, hanno un effetto positivo nel modulare la progressione della perdita di memoria, dei tempi di decadimento cognitivo e sulla perdita di funzioni corporee. In questi casi, la musica può essere, a buon titolo, un’integrazione rispetto alle terapie farmacologiche e ai protocolli riabilitativi già consolidati, non può mai sostituirsi ad essi. La musica non compie miracoli, ma certamente migliora la vita”.