Medici di famiglia 2.0 per una svolta sui pronto soccorso affollati 

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Mettere attorno a un tavolo le forze politiche, i cittadini, le Istituzioni e gli stakeholder chiamati a discutere dei problemi sanitari del Paese e a trovare soluzioni concrete. E’ l’obiettivo della Summer School 2023 di Motore Sanità, giunta alla decima edizione, che si è conclusa ieri nel comune di Gallio, in provincia di Vicenza. Evento di punta della sanità italiana che in una delle sessioni ha messo a fuoco la necessaria riforma della medicina territoriale.

Fari puntati sul medico di famiglia 2.0 e sulle Aft (Aggregazioni funzionali territoriali) configurate come Case della Salute Spoke, da ubicare nelle immediate vicinanze dei pronto soccorso, presidiate da medici di famiglie, camici bianchi delle guardie mediche e infermieri dotati di tecnologie di I livello, con cui fare filtro reale agli accessi impropri in ospedale e pronto soccorso di pazienti cronici e affetti da comorbilità, risparmiare sui fondi del Pnrr da impiegare e investire per realizzare posti letto di Long term care su cui l’Italia è fanalino di coda in Europa dietro anche a realtà come Spagna, Svezia e Portogallo.

UN NUOVO MODELLO ASSISTENZIALE

Il nuovo modello assistenziale della medicina di famiglia è una proposta di revisione dell’assistenza sul territorio – spiega Silvestro Scotti segretario nazionale della Fimmg – è un progetto su stiamo lavorando da due anni, presentato anche all’ex ministro Speranza e al governo Draghi anche se non in maniera pubblica

 E ora da integrare con i progetti di riforma che sono in discussione in Conferenza Stato Regioni e in Parlamento. Parliamo della versione potenziata, riveduta e corretta, delle Aft, (Aggregazioni funzionali territoriali) pianificate dalle norme ma mai pienamente decollate che si configurano anche come articolazione spoke delle Case della Salute finanziate con i fondi Ue del Pnrr ma prive di una dotazione di personale certa”.

I FONDI ENPAM 

Sullo sfondo l’Enpam, ente di previdenza dei medici, che possiede immobili in tutta Italia e che ha deciso di stanziare fondi ad hoc proprio per cofinanziare le Aft potenziate e ribattezzate come Case di Comunità spoke per la presa in carico delle cronicità,  avvalendosi di personale  di studio e infermieri. “Un modello di assistenza – spiega Claudio Zanon dalla Summer School di Motore Sanità che a Gallio in provincia di Vicenza ha raccolto le proposte di tutte le regioni per una proposta realistica di riforma della medicina del territorio – che se progetto anche nelle vicinanze dei principali pronto soccorso consentirebbe di risparmiare risorse da impiegare per posti letto ospedalieri di Long Term Care di cui l’Italia ha urgente bisogno per allinearsi all’offerta dei principali paesi europei, erogare esami diagnostici di primo livello gratuiti (spirometrie, Ecg, esami di laboratorio) decongestionare i livelli specialistici ed abbattere le liste di attesa e che con il sistema della telemedicina si potrà avvalere anche della consulenza di specialisti on line senza contare le ampie possibilità di attuare su larga scala progetti di prevenzione con le vaccinazioni (influenza covid herpes, pneumococco), gli screening (mammella, colon , pap test,hcv, pungidito in loco e in caso di positività attivazione  dei dipartimenti prevenzione Asl”.

CASE DI COMUNITA’ SPOKE

Case di comunità spoke in cui i medici con i camici bianchi di continuità assistenziale conserverebbero lo rapporto di lavoro, garantendo aggiornamento e modernizzazione delle AFT esistenti con circa 4/5 medici anche nei paesi delle zone interne disagiate che non hanno Case di comunità  hub comunque concepite per servire un bacino di 50 mila abitanti e invece con la garanzia di prossimità del medico di famiglia. In pratica dalla Summer School una vera e propria proposta di revisione del Dm 77. “Non buttiamo via i soldi del Pnrr – conclude Zanon – e usiamoli per potenziare l’offerta dei posti letto per cronici e non autosufficienti come avviene gli altri paesi europei, Spagna Svezia e Portogallo compresi”.

 “L’Enpam finanzierà quella che è la ristrutturazione e il potenziamento dell’AFT (Associazione familiare delle famiglie territoriali), definendo quelli che saranno le future case della salute Spoke. Notizia per altro già in parte preannunciata qualche giorno fa. Questo perché i medici continuano a dire che nelle case della salute Hub, alcune già costruite e rimaste vuote, non ci vogliono andare, come previsto nel DM77. Questo è dovuto al fatto che il DM77 è stato scritto in situazione di emergenza sanitaria, senza coinvolgere i diretti interessati operatori sanitari e i cittadini e senza essere stato esaminato dalla Camera e dal Senato della Repubblica. Ciò comporta il fatto che quello che è stato costruito potrebbe essere stato costruito inutilmente. Fermiamoci, perché in realtà le case di comunità Spoke vengono delineate e prenderanno il nome di quelle che prima erano le AFT e andiamo invece a usare i soldi per costruire quello che ci distanzia dal resto del mondo occidentale, ovvero i posti letto per lungodegenti, che sono assolutamente insufficienti perché le RSA e l’assistenza domiciliare non riescono a supplire a questa carenza che intasa i reparti, che non permette di svuotare i Pronto Soccorsi e aumenta le liste d’attesa. Impieghiamo quindi i soldi del PNRR per fare queste lungodegenze croniche, possibilmente vicino all’ospedale incorporate per ospedali per acuti per fare economia di scala, soprattutto per ciò che riguarda le risorse umane, utilizzando per esempio personale infermieristico che sarà fondamentale nella gestione dei lungodegenti in libera professione e sotto la responsabilità per esempio della medicina generale o delle divisioni di medicina interna che dovranno prendersi cura di questi pazienti utilizzando gli altri specialisti quando necessario. Se non si fa questo, non se ne esce. Diamo una svolta a quelli che sono i soldi del PNRR sul DM77. Non siamo mai stati ospedalocentrici, noi abbiamo ridotto i posti letto per acuti, lo hanno fatto anche altri Paesi, noi più di altri, ma gli altri hanno diversificato aumentando notevolmente i posti per lungodegenti, anche in Spagna e in Portogallo e Svezia dove ci sono le case di comunità. Noi non lo abbiamo fatto”.

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