“Non era più possibile aspettare.
Il lavoro andava fatto.
Entro pochi giorni sarebbe arrivata la ditta di traslochi per portare i mobili in deposito. Ormai era deciso: la casa dei nonni doveva essere ristrutturata…”.
Recensione di un lettore: Un libro che va cucinato
“Il libro di Roberta Libero va gustato un poco alla volta, perché si corre il serio rischio d’ingrassare. Ho provato alcune ricette e non ho buttato via nulla, quindi le spiegazioni delle ricette sono ben spiegate. Di contorno, Roberta, racconta alcuni “spaccati” di vita quotidiana, nei quali, in alcuni casi, ritrovo la mia infanzia. Che dire, questo libro ha una doppia funzione e quella che preferisco è quella “godereccia”. È un libro che va cucinato.”
© Le foto di famiglia sono di proprietà di Roberta, Mariarosa e Chiara Libero
© Le foto dei piatti sono di Neralbo di Enrica Guariento
Prima edizione Aprile 2019
Tutti i diritti riservati 2019 BERTONI EDITORE.
In vendita presso tutte le librerie o online alla pagina
Durante la ristrutturazione della casa dei nonni in cui abito tuttora, io e la mamma scoprimmo che la scatola di latta che conteneva tantissime foto di famiglia e che credevamo perduta, era invece in una vecchia cassapanca situata nella legnaia. Era insieme a pentole di rame e terracotta. La nostra sorpresa fu grande insieme alla nostra felicità. Da questo abbinamento tra “tecie” e immagini nacque l’idea di scrivere racconti e ricette ispirate a quelle foto, quasi tutte in bianco e nero, misteriosamente riapparse. Il titolo non poteva che essere “La scatola di latta”, un libro che mi ha regalato molte soddisfazioni. La prima fu nel 2019 quanto fu premiato per le ricette della memoria nel prestigioso Premio Iolanda dedicato ai libri di cucina.
Racconti in questo libro, attraverso foto e ricette, parte della storia della tua vita. Mentre hai cominciato a scrivere i ricordi di quegli anni quali emozioni sono sopraggiunte in te?
Tantissime e profonde, ancora adesso mi commuovo quando lo sfoglio e lo rileggo. Quando iniziai a scrivere, la mamma era ancora tra noi. I suoi ricordi furono preziosi perché sollevavano quel velo che offuscava i miei ricordi rendendoli ancora vivi nella memoria. Mi vedevo bambina ad osservare la nonna e le zie mentre stendevano la pasta o facevano i bignè. Sognavo quelle persone care, sembrava che mi dicessero: “ Scrivi anche di noi, non dimenticarci”. Quando la mamma morì partecipai al concorso dei racconti di radio1plotmachine con un breve brano dedicato a lei e al papà. Fu scelto, andai al Salone del libro di Torino e incontrai Jean Luc Bertoni, l’editore che ha pubblicato il libro. Devo alla morte della mamma la realizzazione del mio sogno, ma quanto vorrei averla ancora con me! È stato il suo ultimo regalo.
A pagina 16 una foto ingiallita evidenziate, tuo padre, te e una bambina con lo sfondo del mare. Era tua sorella? Che legame avevi con il tuo papà e che legame hai con tua sorella?
La bambina in moscone con me e papà è Daniela, un carissima amica, purtroppo mancata molto giovane, che trascorreva le vacanze con noi. Con papà avevo un rapporto speciale; mi ha insegnato il rispetto e l’onestà oltre a quella sana curiosità che non ti fa mai smettere di imparare cose nuove e di essere disponibile verso le necessità degli altri. La mamma mi ha trasmesso la passione per la cucina. Con le mie sorelle Mariarosa e Chiara ho un rapporto di amore indissolubile che si traduce in solidarietà e cura reciproca. Sappiamo di esserci sempre l’ una per l’altra.
Si evince una somiglianza notevole tra te e tua nonna Maria di cui ci parli a pagina 32. Cosa vi univa caratterialmente? Una curiosità. Ancora oggi quando fai i tortellini di Nonna Maria per la tua famiglia ti scappa una lacrimuccia?
Con nonna Maria ho vissuto 23 anni, per un certo periodo ho dormito con lei nel suo letto di piume, proprio come le principesse! Tra di noi c’era complicità e competitività, un mix esplosivo che ci portava talvolta a furiosi battibecchi. Non mi ha mai insegnato a tirare la sfoglia, gelosa del suo sapere. Potevo solo guardare. Infatti ho imparato a Forlimpopoli con le mariette di Casa Artusi. La preparazione dei tortellini era una vera e propria operazione militare. Nonna era il generale, mamma e zie i colonnelli, noi ragazze soldati semplici. Una rigida gerarchia che non ammetteva deroghe. Quando li faccio mi commuovo, ma non piango, la ricordo con affetto e sorrido
Gli insegnamenti che tu hai ricevuto dalle varie figure parentali sono stati molteplici. Già qualcosa si percepisce a pagina 69. Ma di zio Cesare e zia Matilde cosa porti nel cuore?
Gli zii Cesare e Matilde erano una coppia straordinaria. Si erano conosciuti al battesimo della mia mamma, nel 1924 e si sposarono dopo dieci anni. Lo zio che era alto, piacente e aveva un certo fascino d’artista, era scultore, nel frattempo ebbe molte avventure, ma ritornò da lei piccola e minuta, non bella, ma dotata di quella carica di simpatia che conquistava. Zia Matilde non aveva avuto figli e fu la nonna di tutti perché la sorella era morta giovane e lei riusciva ad amare tutti senza distinzione. Raggiungeva tutti i cuori con la sua bontà e il sorriso. Di zio Cesare ricordo la sua bravura nello scolpire il marmo e modellare la creta. Suonava la cetra da tavolo e io m’incantavo nell’ascoltarlo.
Si mescolano, pagina, dopo pagina, valori, tradizioni e non solo! Se tu potessi oggi dialogare con i tuoi genitori, i nonni e gli zii seduta sul divano davanti al caminetto, sfogliando il tuo libro “La scatola di latta” cosa gli avresti detto? Come si fa a preservare la qualità e l’originalità della cucina italiana rispetto alla quantità di fonti e ricette?
Direi loro, grazie. Grazie per avermi trasmesso il sapere, i valori, le emozioni e le storie che hanno accompagnato la vostra vita e di avermi fatto capire l’importanza del volersi bene.
Immagino la loro sorpresa nel vedere tutto questo raccolto in un libro. Si sarebbero forse meravigliati che la piccola Roberta avesse scritto un libro vero tutta da sola. Io ero quella scatenata, vagabonda e ribelle che, però amava tanto leggere e scrivere.
In questi tempi siamo sommersi da mille notizie sulla cucina, spesso fuorvianti. Si parla tanto di tecnica che sembra indispensabile e lo è per i professionisti. Qualche informazione, però, farebbe bene anche per le nostre cucine di famiglia. Io parlerei invece d’igiene e conservazione dei cibi e di amore per il cibo. Non possiamo più permetterci lo spreco e la mancanza di attenzione per i prodotti alimentari. Ricordiamoci degli insegnamenti dei nostri genitori, rispettiamo ogni ingrediente e affidiamoci anche al nostro istinto. Le nostre nonne non avevano bilance elettroniche, misuravano tutto a cucchiaie e bicchieri e non sbagliavano quasi mai. I profumi e i sapori non sono più quelli di una volta, sta a noi trattarli con delicatezza e amore. Solo così la nostra cucina non sarà perduta. Innovazione e tradizione., sono gli ingredienti segreti della nostra cucina.
Prima di lasciarti andare vorrei farti ancora qualche domanda. Che cosa, secondo te, deve essere assolutamente dentro un frigo?
Latte, uova, formaggi e burro. Frutta e verdura. Aggiungerei gli indispensabili in dispensa. Pasta, farina, lievito, zucchero, olio.
Qual è il tuo ingrediente preferito?
Che domandona! Il pomodoro è il prediletto. Così rosso, carnoso, gonfio di dolcezza con una punta di piccante se si aggiunge un pizzico di peperoncino. Allegro, vivace, profumato, versatile, uno sberleffo scarlatto in ogni preparazione.
Se tu fossi un piatto, quale saresti esattamente?
I paccheri al pomodoro fresco, basilico e stracciatella. Amo il “pacchero”, non rigato, mi raccomando, cosi ruvido e bombato, un po’ come me. È anche il protagonista di una mia ricetta del libro.
Chiudendo gli occhi e pensando al piacere della tavola cosa vedi?
Una lunga tavolata con cose buone da gustare con tante persone, parenti, amici, conoscenti e anche persone di passaggio e di bambini e adulti di ogni nazionalità, uniti dal piacere della condivisione. Ho avuto spesso come miei ospiti dei migranti. La gioia di stare insieme a chi fugge da guerre e miserie è grande.
Ci racconti l’esperienza legata al gusto più incredibile, fino ad oggi?
Ne dovrei raccontare tante, scelgo quella che mi lega a una grande cuoca. Ero a Identità Golose e avevo un appuntamento con Annie Feolde, chef della famosissima Enoteca Pinchiorri di Firenze per un’intervista. Lavoravo per Cavolo Verde, una rivista di cucina online. Le chiedo se si può andare nel suo ristorante e ordinare un solo piatto e un calice di vino perché pochi possono permettersi un intero pranzo nel suo locale. Lei mi guarda, mi sorride e con il suo dolcissimo accento francese mi dice: “Certo! Se le fa piacere lei e suo marito sarete miei ospiti all’Enoteca”. Io credevo di svenire. “Sì, Sì, grazie”, risposi confusa e felice come in una nota canzone di Carmen Consoli. Fu un’esperienza meravigliosa, la cena perfetta, l’ospitalità favolosa e una indimenticabile visita alla fornitissima cantina. Le persone più grandi sanno essere le più semplici.