di Marialuisa Roscino –
Dottoressa Lucattini, nelle ultime settimane ha fatto clamore la notizia di circa 60 studenti del liceo Berchet di Milano e di alcune scuole della Capitale, che avrebbero abbandonato la scuola per ansia e stress. Qual è stata la sua prima impressione su questa notizia?
In adolescenza è piuttosto frequente che gli studenti cambino indirizzo o scuola poiché durante il ciclo precedente, le scuole medie non ci sono sufficienti corsi di orientamento scolastico. Dopo la pandemia tra gli adolescenti si è riscontrato un aumento esponenziale di ansia, depressione e fobie. Inoltre, per due anni hanno avuto modalità scolastiche completamente diverse da prima (DAD, turnazioni, etc.) a cui si sono adattati rapidamente ma con grandi sacrifici. Quindi, pensare che alla ripresa in presenza sia possibile tornare alle modalità didattiche e di insegnamento precedenti è irragionevole. Significa non tener conto di quello che è successo in questi tre anni, dei cambiamenti emotivi e psicologici che, peraltro, coinvolgono anche gli insegnanti.
Secondo un’indagine interna, i ragazzi avrebbero attribuito parte di questo malessere alla stessa scuola. Troppi compiti, verifiche, interrogazioni. Eppure, questo, c’è sempre stato. Non è che i ragazzi, complici e con troppe distrazioni, non riescono più ad avere la giusta concentrazione?
Gli adolescenti tendono a utilizzare la parola “troppo” come passe-partout, per indicare un sovraccarico che non è soltanto di quantità ma anche di qualità. I compiti per casa, le verifiche e interrogazioni devono essere proporzionate alle spiegazioni. La ridotta concentrazione è legata al fatto che gli adolescenti della “Generazione Covid”, sono emotivamente più fragili di prima, poiché ancora traumatizzati dai drammatici eventi della pandemia. Anche per questo, è ormai tempo che tutte le verifiche, scritte e orali, siano programmate all’inizio dell’anno scolastico, come d’altra parte, accadeva già quarant’anni fa, prima delle riforme della scuola che si sono succedute in questi decenni. Una strettissima programmazione di insegnamenti e verifiche è l’unico modo per preparare gli studenti allo studio universitario e al mondo del lavoro, dove tutto è strettamente programmato. La “roulette russa” delle verifiche casuali o a sorpresa, è un metodo desueto e persecutorio, è dannoso per la mente e ostacola una buona preparazione. Questa generazione convive con la paura e l’angoscia che ne minano la sicurezza ontologica. Se a questa situazione emotiva e inconscia, si sommano preoccupazioni e angosce per la scuola, aumentano gli adolescenti con difficoltà scolastiche e gli abbandoni.
Nelle scuole superiori è stato introdotto uno sportello psicologico, che ha il compito di assistere i ragazzi. Come valuta questo strumento? È efficace?
Lo strumento è senz’altro efficace ma assolutamente insufficiente. Alcuni dirigenti scolastici hanno lamentato che alcuni sportelli sono stati aperti e chiusi, altri che non sono mai stati attivati, altri che le ore rispetto alla domanda non sono sufficienti. Lo sportello scolastico va immaginato come uno strumento di screening a tappeto anche rispetto ai bisogni nascosti e ai disagi iniziali, con un’offerta molto ampia per tutti gli studenti e che deve essere all’interno dell’orario scolastico. La giusta proporzione di uno psicoanalista per ogni dieci studenti poiché questo permette sia di essere presenti in ogni classe con una continuità relazionale, che l’attivazione di piccoli gruppi.
In questo contesto, le famiglie come possono prevenire questo malessere diffuso dei ragazzi?
Il primo passo è parlare con loro e cercare di capire se qualcosa è cambiato nel loro modo di sentire e di affrontare la vita quotidiana e la scuola. Osservare i loro comportamenti, le relazioni affettive, le loro amicizie. Un altro passo, è ascoltarli qualunque cosa abbiano da dire. Attraverso i racconti anche più superficiali, piano piano si arriva all’essenza. Inoltre, è importante essere affettivi, affettuosi e presenti, dedicare un tempo adeguato ai momenti piacevoli insieme e partecipare mentalmente, ma anche concretamente e coinvolgendo i figli in attività che possono essere portati avanti insieme senza per questo privarli della loro libertà e dei loro momenti di personale intimità.
Per quanto riguarda invece gli insegnanti, quali strategie si possono mettere in atto per aiutarli nel loro compito di formatori?
Ma il primo punto è essere prendersi cura di sé stessi ed essere consapevoli delle proprie ansie e difficoltà, in modo da non riversarle, anche inconsciamente, sugli studenti. Prendere atto che i tempi sono cambiati e che c’è bisogno di una didattica più agile ed un’organizzazione diversa. Una griglia non rigida ma rigorosa è senz’altro un aiuto nel portare avanti gli impegni didattici e gli aspetti pedagogici, valorizzando la componente umana e affettiva che rende l’insegnamento più efficace e coinvolgente, e i contenuti più appassionanti e duraturi nella memoria degli studenti.
Volendo offrire maggiori spunti di riflessione anche alle stesse Istituzioni, qual è a suo avviso, la cosa più urgente da fare in questo momento per lenire questo malessere dei ragazzi e incoraggiarli invece al proseguimento degli studi?
Adattare le modalità di insegnamento alle diverse capacità di apprendimento degli studenti che nell’ultimo decennio sono profondamente cambiati e con l’inimmaginabile e imprevedibile accelerazione di questo processo, a causa della pandemia. Valorizzare la presenza a scuola attribuendo a questo dato un voto che faccia media con le materie curriculari. Limitare i voti “umilianti”, un’insufficienza deve essere sempre recuperabile, altrimenti si perdono la fiducia, il coraggio e la speranza.
Quali consigli si sente dare anche agli stessi genitori che hanno la responsabilità di seguire i propri figli anche nelle attività scolastiche dei ragazzi?
Condividere lo studio con i figli è un momento importante purché non sia l’unica attività che si svolge con loro. Con i figli adolescenti è importante esercitare un buon controllo senza essere opprimenti. Se necessario, affidarsi ad un aiuto-compiti che possa insegnare il metodo di studio, in modo che possano acquisire la necessaria autonomia. Se si notano difficoltà insolite e soprattutto durature, escludere un disturbo specifico dell’apprendimento rivolgendosi a un neuropsicologo per i test psicodiagnostici. Dal momento che i disturbi emotivi, l’ansia e la depressione adesso sono diffusissimi tra bambini e adolescenti, e interferiscono con lo studio, rivolgersi ad uno specialista per una consulenza psicoanalitica.
E quali i Suoi suggerimenti agli stessi ragazzi?
Pensate sempre che lo studio vi permette di migliorare la vostra condizione economica e sociale.
Non dimenticatevi mai che la conoscenza e la cultura vi permettono di capire meglio le cose che accadono e di fare le scelte migliori per la vostra vita.
Non scoraggiatevi per i brutti voti, sono rimediabili.
Non credere che gli insegnanti siano démoni o supereroi. Sono persone con cui si può parlare.
Non accettare in silenzio comportamenti non accettabili, chiedete aiuto ai vostri genitori e a persone di cui vi fidate.
Se siete in grande difficoltà, parlatene e cercate una soluzione anche chiedendo ai vostri genitori di parlare con uno psicoanalista.